Chi darà da mangiare ai cani randagi?

Chi darà da mangiare ai cani randagi?

Ultimo aggiornamento: 19 settembre, 2016

“Chi darà da mangiare ai cani randagi?”. Da questa domanda sorge la questione che tratteremo in questo articolo. Avrete forse sentito parlare di quella fantastica iniziativa promossa nella città di Quito, in Ecuador, un anno fa: quella dei comedog, mangiatoie poste su strade pubbliche con l’obiettivo di dar da mangiare ai cani randagi. Ebbene, è recente la notizia che ci comunica la chiusura di questa iniziativa.

I comedog di Quitumbe, Quito

Fonte: Facebook di ComeDog
Fonte: Facebook di ComeDog

I primi comedog vennero installati nella stazione degli autobus di Quitumbe. Non erano altro che delle piccole mangiatoie contenenti acqua e cibo, che avevano il compito di nutrire i cani randagi. L’obiettivo era aiutare gli animali più svantaggiati e dimostrare che in Ecuador c’era piena consapevolezza delle esigenze di questi piccoli amici a quattro zampe e grande amore verso di essi.

I comedog cominciarono a funzionare più di un anno fa e poco a poco cominciarono ad arrivare sempre più cani in zona, fino a raggiungere la quota di 40.

Sia i cani che i viaggiatori erano ormai abituati l’uno all’altro e non venne mossa alcuna lamentela a tal proposito.

Questa fu un’idea della Fondazione gli amici di Isabella, un rifugio per animali che lotta giorno dopo giorno per aiutare i più sfortunati cani randagi. Coscienti del fatto che non potranno mettere fine al problema, mettono tutto il loro impegno nel tentativo di aiutare per quanto possibile.

Queste mangiatoie includono dei dispenser di cibo. Chi lo desidera può donare denaro o portare cibo e acqua per i cani.

I comedog, una casa per i cani randagi

Da quando vennero installati questi comedog, i cani si abituarono ad aspettare nel prato vicino al terminal l’arrivo di Yolanda Alvarado con il cibo.

Si sdraiavano sotto il sole, tranquilli e senza dar fastidio a nessuno, immuni ai passi e ai rumori emessi dai viaggiatori. Si muovevano solo quando arrivava il miglior momento della giornata per loro: la pappa di Yolanda. Il suo odore era l’unica cosa che attirava l’attenzione dei cani e che li faceva muovere.

Chi è Yolanda Alvarado?

Si tratta una signora che, secondo quanto afferma lei stessa, è venuta al mondo per dare il suo amore agli animali, e lo sta dimostrando. Le donazioni infatti non erano sufficienti per dar da mangiare a questi quaranta cani, così la donna intervenne mettendoli di tasca sua e spendendo circa 300 dollari al mese.

Tutto ciò senza contare i costi di taxi e trasporti vari per portare il tutto al terminal degli autobus, i farmaci e il molto tempo investito. Si tratta senza dubbio di un splendida persona.

La fine dei comedog per cani randagi

cane-randagio

L’Azienda Pubblica Metropolitana per la Mobilità e le Opere Pubbliche (EPMMOP) ha però deciso di ritirare queste mangiatoie, nonostante le forti proteste degli attivisti.

Secondo la EPMMOP, questa non è stata una decisione presa alla leggera ma basata su dettagli tecnici che dimostrano quanto sia poco sano che ci siano tanti animali che pullulano in quella zona.

Questi “esperti” si basano sui seguenti ragionamenti:

  • I dispenser dovrebbero funzionare solo se monitorati. Per quale ragione? Ebbene, l’autore dell’idea, Fernando Arroyo, coordinatore del Centro di Gestione Zoosanitario Distrettuale di Quito Urbanimal, non l’ha spiegato.
  • Se i padroni sanno che esiste un luogo in cui i loro cani verranno nutriti, non avranno alcun rimorso di coscienza nell’abbandonarli e di conseguenza il fenomeno dell’abbandono aumenterà.
  • Altro problema è che, dandogli da mangiare, si fomenta la loro riproduzione, cosa che potrebbe causare malattie. Sarebbe dunque meglio lasciarli morire? Questa è la domanda che si sono posti gli animalisti, sconcertati.

A Quito si trovano anche altre mangiatoie, che verranno probabilmente tolte per la stessa ragione. Questa decisione da parte di EPMMOP ha causato grandi proteste da parte di tutti gli amanti degli animali.

Una bella iniziativa con un finale triste. Se l’attività fosse stata in qualche modo remunerativa, abbiamo il sospetto che non si sarebbero affrettati tanto a metterla da parte. Purtroppo però i randagi di Quito sono dovuti tornare alla loro triste routine. 


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